Dagli investitori una risposta alla crisi ambientale


Le decisioni strategiche degli investitori – sia istituzionali che privati – hanno senza dubbio un impatto sul sistema economico globale. Non solo: attraverso il processo di selezione degli emittenti (titoli di Stato e imprese), le scelte di investimento possono anche contribuire ad orientare lo sviluppo in un’ottica di sostenibilità, concorrendo alla mitigazione di rischi sociali e ambientali.
Due recenti studi, pubblicati nelle prime settimane di marzo da Ceres (“Coalition for Environmentally Responsible Economies”, network di investitori con la missione di sensibilizzare e guidare le imprese verso un business responsabile) e WWF, sottolineano come una gestione del patrimonio che tenga conto delle problematiche ambientali emergenti – quali la scarsità di acqua e materie prime – possa rappresentare un vantaggio competitivo per gli investitori e per la società nel suo complesso.
Proprio sullo spreco di risorse idriche si concentra la pubblicazione di Ceres An Investor Handbook for Water Risk Integration, con una raccolta di buone pratiche e raccomandazioni per gli operatori decisi a rispondere a tale criticità attraverso le proprie decisioni di investimento.
“Si tratta di una scelta lungimirante – ha dichiarato Monika Freyman, CFA di Ceres ed esperta della tematica – in quanto i rischi legati all’acqua rappresentano una minaccia crescente per la società, gli investitori e – più in generale – per il sistema economico”.
Non a caso, il World Economic Forum ha di recente inserito la scarsità d’acqua tra i maggiori rischi a livello globale: più di un miliardo di persone vivono oggi in regioni povere d’acqua e questo numero è destinato a raddoppiare o triplicare entro il 2025. E la situazione è ancora più critica se si pensa che l’impatto delle siccità che oggi si registrano nel Midwest, in California, in Brasile, in Cina non è più circoscritto localmente, ma si estende a livello globale, coinvolgendo interi sistemi economici.
Ed è proprio di rischio sistemico che parla il rapporto lanciato lo scorso 10 marzo da WWF From crisis to opportunity: Five steps to sustainable European economies in cui si evidenzia come, attraverso una transizione verso un’economia più sostenibile, l’Europa potrebbe beneficiare ogni anno di un risparmio pari (o addirittura maggiore) ai fondi previsti dal “Piano Juncker”, che punta a investimenti strategici per circa 315 miliardi di euro.
Il rapporto, che raccoglie dati da più di 400 studi condotti da istituzioni internazionali come OCSE, UNEP, World Bank, ILO e dalla Commissione Europea, stima rispettivamente a 150 e 537 miliardi di euro i costi sostenuti negli ultimi 10 anni per fare fronte alle alluvioni ed all’inquinamento dell’aria a livello europeo.
WWF individua all’interno del report cinque passi fondamentali per una transizione dell’Europa verso un’economia più sostenibile: promozione delle rinnovabili, efficientamento energetico e riduzione delle emissioni, introduzione di politiche fiscali e finanziarie che tutelino l’ambiente, raggiungimento di una leadership a livello globale nello sviluppo sostenibile e promozione di una strategia di lungo periodo da oggi al 2050.
Obiettivo dello Studio è provare ad invertire la tendenza secondo cui “prima si inquina e poi ci si preoccupa di ripulire – ha dichiarato l’autore Sébastien Godinot – la morale è semplice: non esiste sistema economico che possa svilupparsi in assenza di risorse naturali.

Fonte: www.sustainablebrands.com