Cambiamento climatico: cresce l’attivismo degli investitori istituzionali


Il 2019 si prefigura denso di impegni per governi, imprese e investitori di tutto il pianeta sul fronte del contrasto agli effetti negativi del cambiamento climatico. Secondo recenti rapporti di organizzazioni internazionali e centri di ricerca l’anno appena trascorso ha fatto registrare record negativi in termini di emissioni di gas a effetto serra, dipingendo scenari tutt’altro che rassicuranti per il futuro se decisori politici e attori economici non invertiranno la rotta. A ottobre il report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha lanciato l’allarme sulle conseguenze catastrofiche di un aumento della temperatura globale a più di 1,5°, segnalando l’urgenza di cambiamenti drastici a tutti i livelli della società; secondo il Global Carbon Project (GCP) nel 2018 le emissioni di CO2 hanno raggiunto un nuovo record storico (oltre 37 miliardi di tonnellate, in aumento del 2,7% rispetto al 2017), confermandosi in crescita per il secondo anno consecutivo; inoltre, l’organizzazione ha riscontrato che il pianeta è posizionato su una traiettoria di riscaldamento globale pari a 3°, ben oltre la soglia di 2° stabilita dall’Accordo di Parigi del 2015.

 

COP24: i contenuti del nuovo Pacchetto sul clima

A dicembre i leader di 197 Paesi si sono riuniti a Katowice in Slesia, nel cuore dell’industria carbonifera polacca, in occasione della ventiquattresima sessione della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite (COP24). Lo scopo era discutere su obiettivi e impegni da perseguire a livello nazionale e internazionale sul fronte del riscaldamento globale per rendere operativo l’Accordo di Parigi. Dopo due settimane di intense trattative, una giornata supplementare e maratone notturne finali, i Paesi hanno adottato una risoluzione che è stata presentata dai firmatati come un “trionfo del multilateralismo”.

I negoziati hanno portato all’adozione del Katowice Climate Package, una serie di linee guida che incrementano la trasparenza del sistema introdotto dall’Accordo di Parigi, stabilendo le modalità con cui ciascun Paese sarà chiamato a misurare, rendicontare e monitorare il proprio Nationally Determined Contribution (NDC), ovvero l’impegno nell’azione contro il cambiamento climatico determinato a livello nazionale. Una delle principali novità consiste nell’adozione di requisiti comuni tra Paesi industrializzati ed emergenti, prevedendo una possibile flessibilità per questi ultimi dovuta al divario di crescita economica.

Il nuovo Pacchetto sul Clima prevede anche misure per:

– la definizione di nuovi target di finanziamento post-2025 (i precedenti accordi fissavano l’obiettivo di $100 miliardi annui a partire dal 2020);
– la redazione di un “Inventario Globale” sull’efficacia dell’azione climatica in ogni Paese (previsto per il 2023);
– le modalità con cui misurare i progressi tecnologici.

Inoltre, sono stati promessi nuovi stanziamenti per il Fondo di Adattamento – il veicolo istituito per finanziare progetti nei Paesi in via di sviluppo – che dovrebbe ricevere $129 milioni; Germania e Norvegia hanno annunciato che raddoppieranno i contributi. Significativa anche la dichiarazione della Banca Mondiale, che si è impegnata a investire €200 miliardi (in aggiunta a quelli già stanziati) in progetti per azioni contro il cambiamento climatico tra 2021 e 2025. Inoltre, le Banche Multilaterali per lo Sviluppo hanno lanciato un’iniziativa di collaborazione per allineare le rispettive attività agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Le voci critiche provenienti da ONG e analisti del settore hanno lamentato contenuti ancora poco ambiziosi e lontani dall’attuazione concreta degli obiettivi di Parigi. Tra le lacune evidenziate, il Pacchetto sul Clima non contiene una revisione al ribasso dei NDC, né l’istituzione di un mercato mondiale per le emissioni di gas climalteranti.

 

Il ruolo degli investitori

Mentre governi e organizzazioni sovranazionali faticano ad adottare misure concrete, gli investitori istituzionali stanno dimostrando un crescente attivismo. Proprio durante i negoziati di Katowice 415 investitori con $32 miliardi di masse in gestione hanno sottoscritto un appello per chiedere ai governi dei Paesi firmatari di adottare al più presto le misure concordate a Parigi, di sostenere gli investimenti nella transizione energetica e di migliorare i requisiti per la rendicontazione dei rischi climatici da parte delle imprese.

Gli investitori, infatti, sono sempre più consapevoli dei potenziali rischi finanziari associati al climate change: i danni provocati dalle calamità naturali e dagli eventi atmosferici estremi sempre più frequenti stanno causando un aumento di sinistri, con conseguenti perdite per le compagnie assicuratrici. La transizione energetica e la conseguente svalutazione dei titoli legati all’industria dei combustibili fossili potrebbero compromettere anche le missioni dei fondi pensione, interessati a garantire rendimenti agli aderenti nel lungo periodo.

Per questi motivi, gli investitori istituzionali ricorrono sempre più spesso (e sempre più efficacemente) alla strategia SRI dell’engagement, dialogando con le società investite e votando alle assemblee degli azionisti con l’obiettivo di influenzarne le politiche di sostenibilità: secondo Proxy Insight le mozioni sul cambiamento climatico sono raddoppiate dal biennio 2013-2014 al 2016-2017. L’azione di engagement si concentra in particolar modo sul settore energetico, incoraggiando le società ad abbandonare gli investimenti in combustibili fossili per favorire le fonti rinnovabili e la riqualificazione dei processi produttivi. Oggetto del dialogo con le imprese è anche la rendicontazione dei rischi finanziari associati al cambiamento climatico.

Un altro ambito d’azione è rappresentato dal mercato dei green bond, che si conferma in rapida crescita anche per il 2019: un recente report della banca svedese Skandinavska Enskilda Banken ha stimato che le emissioni di obbligazioni green potrebbero raggiungere i $210-240 miliardi, con gli operatori finanziari in cima alla classifica degli emittenti. Secondo Climate Bonds Initiative – l’organizzazione internazionale di riferimento per il mercato dei green bond – la statunitense Federal Mortgage Association (meglio nota come Fannie Mae) è stata la principale emittente di obbligazioni verdi nel 2017.

Un efficace contrasto alle conseguenze negative del cambiamento climatico richiede con urgenza azioni e cambiamenti drastici da parte di tutti i settori della società, dai governi alle imprese, dalla finanza ai singoli cittadini. Gli sforzi sin qui intrapresi si sono rivelati insufficienti; allo stesso tempo, in molteplici ambiti sono state sviluppate soluzioni e iniziative innovative: con la determinazione e la collaborazione tra le diverse parti sarà possibile metterle a frutto per garantire al pianeta uno sviluppo sostenibile e inclusivo. La comunità SRI ha già iniziato a fare la sua parte.