Inquinamento digitale: Internet nemico o amico dell’ambiente?


La lotta al cambiamento climatico passa anche dal web. L’inquinamento provocato da Internet e dai dispositivi che lo utilizzano, infatti, è in rapido aumento. Nel 2007 il settore dell’ICT – ovvero l’insieme dei dispositivi e delle tecnologie per lo scambio di informazioni in formato digitale, come Internet, posta elettronica e smartphone – era responsabile dell’1% delle emissioni globali di anidride carbonica. Un recente studio della McMaster University ha stimato che entro il 2040 questo dato raggiungerà il 14%.

Che cosa rende il digitale così inquinante? Anzitutto, i processi di produzione: dispositivi che utilizziamo quotidianamente come computer, smartphone e tablet contengono materiali, le cosiddette “terre rare”, che richiedono attività di estrazione a elevate emissioni di gas climalteranti. Gli smartphone sono i più “minacciosi” per l’ambiente: consumano molta energia perché devono essere continuamente ricaricati, hanno vita breve e vengono riciclati solo in piccola percentuale (si parla dell’1%).

Internet rimane però la principale fonte di inquinamento: se fosse un Paese, sarebbe il sesto consumatore di energia a livello mondiale e si stima che nel 2020 sarà responsabile del 45% delle emissioni dell’intero settore delle ICT. Ogni nostra attività in rete, infatti, implica complesse elaborazioni di dati da parte di server e data center che consumano ingenti quantità di energia. Basti pensare che il semplice invio di una e-mail con un allegato consuma quanto una lampadina accesa per una giornata intera, mentre guardare un’ora di video da uno smartphone equivale al consumo annuale di un frigorifero.

D’altra parte, non va sottovalutato il lato sostenibile dell’ICT. La digitalizzazione di molti servizi permette infatti di risparmiare grandi quantità di carta e di rendere i processi più efficienti e veloci, come succede nella Pubblica Amministrazione e per alcune operazioni finanziarie (ad esempio, l’online banking).
Inoltre, Internet e le sue applicazioni possono essere utilizzati come mezzo per generare impatti ambientali e sociali positivi. È quello che fa, per esempio, LO3 Energy, una start up americana che facilita la produzione e lo scambio di energia pulita attraverso la blockchain, una tecnologia basata su una sorta di “registro” online che annota e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete. Altro esempio di applicazione “green” di Internet è il motore di ricerca Ecosia, che utilizza i profitti generati dalle ricerche degli utenti per piantare alberi.

Non da ultimo, molte compagnie operanti in rete hanno annunciato il loro impegno ad alimentare i propri server e data center esclusivamente con energie rinnovabili. In base a un report annuale elaborato da Greenpeace, al momento le più virtuose risultano Apple, Facebook e Google.

In questo contesto, anche la finanza SRI può fare la differenza. Gli investitori attenti alle tematiche ambientali e sociali, infatti, possono ricoprire un ruolo importante per promuovere una maggior sostenibilità del settore dell’ICT: per esempio, finanziando le applicazioni “green” più innovative o avviando iniziative di engagement con le società del settore affinché si impegnino a puntare a una riconversione dei processi di produzione e dei sistemi di erogazione dei servizi per minimizzarne gli impatti ambientali negativi.

Rielaborazione del Forum per la Finanza Sostenibile da Novethic: https://bit.ly/2Gg9pg0

Qui puoi scaricare il file PDF dell’infografica.