Dal Rapporto di Sintesi del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici), pubblicato lo scorso 20 marzo, emerge un segnale chiarissimo: la finestra per intervenire si sta per chiudere. Se vogliamo mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi rispetto all’epoca preindustriale e limitare gli effetti più devastanti della crisi climatica, occorre prendere adesso le misure necessarie per ridurre le emissioni climalteranti.
Se da un lato l’evidenza scientifica ci dice che non siamo sulla strada giusta per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, dall’altro ci mostra che abbiamo a disposizione una serie di strumenti e soluzioni per fronteggiare l’emergenza climatica e ambientale. “Finanza, innovazione tecnologica e cooperazione internazionale possono accelerare l’azione climatica”, sottolinea testualmente il report.
In particolare, l’IPCC afferma che occorrono investimenti di tre/sei volte superiori ai $600 miliardi attuali per sostenere politiche climatiche adeguate. Ma soprattutto mette in evidenza come queste ultime non possano prescindere dal quadro più ampio e generale delineato dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e debbano essere coordinate con politiche di altro tipo (industriali, sociali, finanziarie, fiscali).
Non a caso, il gruppo di scienziati dell’ONU mette in risalto il concetto di sviluppo resiliente ai cambiamenti climatici, secondo cui i benefici economici delle misure di adattamento e di mitigazione supereranno di gran lunga i danni provocati da un’inazione sul clima. Non solo. Occorre tenere in considerazione – ammonisce l’IPCC – che il raggiungimento dei target climatici potrà avere ripercussioni distributive, a cui sono particolarmente esposti i Paesi in via di sviluppo e le fasce più vulnerabili della popolazione.
È fondamentale dunque che la transizione verso le zero emissioni nette non solo sia economicamente sostenibile ma sia anche socialmente equa (just transition). Guidare la società verso la decarbonizzazione significa cioè fare in modo che le perdite delle categorie più svantaggiate dal processo di transizione siano compensate secondo un principio di equità.
L’IPCC individua gli investimenti che occorrono per una giusta transizione climatica, ed è qui che il contributo della finanza sostenibile si rivela essenziale, in quanto si pone come obiettivo quello di favorire l’orientamento degli investimenti pubblici e privati verso le attività economiche in grado di generare impatti positivi (quantificabili e verificabili) dal punto di vista sia ambientale che sociale. Per svolgere al meglio questa missione, la finanza sostenibile è chiamata ad affrontare alcune sfide.
In primis, quella relativa alla trasparenza. Con l’aumento dell’interesse per gli investimenti sostenibili è cresciuto infatti anche il rischio di greenwashing, che espone società e operatori finanziari a rischi di tipo reputazionale, legale e finanziario e finisce per minacciare la credibilità stessa del mercato. Sulle risorse e sulle strategie per contrastare il greenwashing il Forum per la Finanza Sostenibile ha pubblicato un paper, frutto di un gruppo di lavoro avviato all’inizio del 2022 con la propria base associativa. Un’altra importante partita si gioca sul terreno dei dati. Avere a disposizione informazioni ESG sempre più complete, affidabili e comparabili è cruciale per aumentare l’offerta qualitativa degli strumenti di finanza sostenibile.
Su questi aspetti l’attenzione dei regolatori, soprattutto di quello europeo, è cresciuta notevolmente. In questa direzione vanno diverse norme adottate a livello UE, come il regolamento sulla Tassonomia, che fornisce una classificazione condivisa delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale, e la direttiva CSRD, che estende gli obblighi di rendicontazione a tutte le imprese di grandi dimensioni e alle PMI quotate.
Un altro tema di rilievo è, infine, l’engagement. Il dialogo costruttivo tra investitori e aziende investite è la precondizione per un allineamento tra domanda e offerta sui principi dello sviluppo sostenibile, oltre a rappresentare un prezioso strumento per prevenire fenomeni di greenwashing.
Tutto questo va inquadrato naturalmente in una visione di medio-lungo periodo. La lotta ai cambiamenti climatici necessita di orizzonti temporali che vadano aldilà di quelli tradizionalmente utilizzati dal mondo finanziario per valutare e definire le scelte di investimento. Occorre creare le condizioni necessarie alla transizione attraverso incentivi e regole chiare, in maniera tale che gli investitori possano cogliere le opportunità di avere un rendimento di lungo periodo, generando al contempo un impatto positivo. L’attenzione per i fattori ambientali, sociali e di governance non può prescindere infatti da una prospettiva lungimirante, così come da un approccio basato su solide evidenze scientifiche. La finanza sostenibile non può che accogliere l’appello degli esperti dell’IPCC: agiamo ora.