I rischi socio-economici del cambiamento climatico


L’ultimo report del think tank britannico Institute for Public Policy Research (IPPR) illustra come le conseguenze negative dei cambiamenti climatici possano avere un impatto significativo anche sul sistema sociale ed economico a livello locale e globale.

Rispetto ad altri studi sul tema, il valore aggiunto del report IPPR – dal titolo “This is a crisis, facing up the age of environmental breakdown” – consiste nell’analisi dell’interconnessione dei rischi ambientali, sociali ed economici. Fenomeni atmosferici estremi, infatti, possono aggravare crisi già in atto o causarne di nuove, minando la stabilità dei sistemi economici, sociali e politici in maniera ancora più dirompente della crisi finanziaria del 2008. Per esempio, siccità e alluvioni possono ostacolare la coltivazione di piante e distruggere il nutrimento di animali essenziali per l’alimentazione umana: le conseguenze si estenderebbero lungo tutta la filiera alimentare, diventando un problema globale. Le Nazioni Unite hanno stimato che già oggi il deterioramento del suolo e la conseguente perdita di biodiversità hanno influito sulla vita di 3,2 miliardi di persone.

Il cambiamento climatico determina anche la recrudescenza di criticità in termini di giustizia sociale e internazionale. Gli impatti socio-economici, infatti, non sono omogenei e uniformi: i paesi più poveri sono sottoposti ad uno stress maggiore e lo stesso vale per i gruppi più vulnerabili della società; le problematiche ambientali impattano sulle disuguaglianze di classe, etnia e genere, amplificando i divari esistenti e creandone di nuovi. Qualche dato aiuta a comprendere la situazione. L’Europa e gli USA sono i paesi maggiormente responsabili delle emissioni di CO2; la metà più povera della popolazione mondiale contribuisce solo al 10% delle emissioni, mentre il 10% più ricco è responsabile del 50%. Anche all’interno dei paesi più ricchi il 10% della popolazione più benestante contribuisce molto più del resto della popolazione alle emissioni di gas serra. I paesi più esposti ai fenomeni atmosferici estremi sono anche quelli meno coperti dai servizi assicurativi: il 99% dei danni economici causati dai disastri naturali nei paesi più vulnerabili non ha copertura assicurativa.

Dal punto di vista dei mercati finanziari, il settore assicurativo risulta particolarmente esposto agli effetti del cambiamento climatico: l’aumento delle calamità naturali provoca un aumento delle richieste di risarcimento con conseguenti perdite per le compagnie assicuratrici; d’altro canto, l’incremento dei rischi determina un aumento dei premi, rendendo i servizi assicurativi inaccessibili per un crescente numero di persone. Sono quindi necessarie innovazioni di prodotto che tengano debitamente conto dei rischi derivanti dal cambiamento climatico e che garantiscano l’accesso ai servizi per le persone più povere. Un esempio è rappresentato dalle micro-assicurazioni, caratterizzate da premi molto ridotti, così da permettere anche a persone a basso reddito di tutelarsi dai danni causati dai disastri naturali.

Le strategie d’investimento sostenibile e responsabile (o SRI) possono essere adottate per contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico e supportare la transizione verso un modello di crescita economica circolare e a basse emissioni di gas climalteranti. Attraverso le esclusioni gli investitori SRI possono escludere dall’universo investibile titoli, singole aziende o interi settori esposti ad attività con elevate emissioni di CO2: per esempio, è sempre più diffusa la pratica del disinvestimento da titoli, fondi e aziende attivi nel settore del carbone. Le masse disinvestite possono essere indirizzate verso settori che contribuiscono a contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico: all’interno di uno stesso portafoglio il disinvestimento può essere associato a investimenti tematici – per esempio nel settore delle energie rinnovabili o dell’economia circolare – o a strategie di best in class, privilegiando all’interno di un determinato universo gli emittenti meglio posizionati su temi ambientali, come la riduzione della carbon footprint. Inoltre, gli operatori finanziari possono modellare strategie e scelte d’investimento in base all’adesione a norme e trattati internazionali che disciplinano temi connessi al cambiamento climatico: il caso emblematico è rappresentato dagli investimenti che si conformano a scenari di innalzamento della temperatura media globale al di sotto dei 2°, in coerenza con l’accordo di Parigi. Attraverso l’engagement, gli investitori SRI influenzano direttamente politiche e strategie di business delle aziende investite in relazione al clima: in tal caso possono ricorrere a strumenti che variano dal dialogo (es: invio di questionari o di materiale informativo, call e incontri periodici) all’esercizio del diritto di voto in assemblea dei soci a supporto di mozioni volte a migliorare la gestione aziendale dei rischi e delle opportunità legati al cambiamento climatico (es: agganciare le remunerazioni del top management alla riduzione delle emissioni climalteranti). Infine, l’impact investing permette agli investitori di finanziare fondi, progetti o imprese le cui attività abbiano un impatto ambientale positivo misurabile, realizzando contemporaneamente un ritorno finanziario.

In generale, un’azione efficace a contrasto delle conseguenze negative del cambiamento climatico richiede che i fattori ESG siano pienamente integrati nell’analisi e nelle strategie di medio e lungo termine delle imprese e degli investitori.